Abbiamo incontrato il Dott.. Ernesto Rulli, chirurgo e medico ortopedico presso il reparto di ortopedia e traumatologia dell’AUSL di Ravenna e presso l’Unità operativa del Policlinico di Abano Terme, il quale ha rilasciato la sua opinione in merito al progresso della tecnologia artificiale, associata alla medicina e in particolare alla chirurgia. Ernesto Rulli, in qualità di ortopedico e di chirurgo della mano e del polso ha dichiarato il suo interesse verso le macchine intelligenti, ricordano però che dietro una “grande macchina, vi debba essere un Grande Uomo”.
L’intelligenza Artificiale (in italiano abbreviata in IA) è una disciplina informatica che consente, attraverso progettazioni elettroniche, di eseguire prestazioni che rielaborano l’intelligenza umana. Per tale motivo l’IA è riuscita nel corso degli anni a farsi strada nei vari contesti, tra cui anche in ambito medico ed è destinata a crescere esponenzialmente nei prossimi anni. A dimostrarlo è uno studio del 2016 condotto da Frost & Sullivan, secondo cui l’intelligenza artificiale, entro il 2021, subirà un tasso di crescita del 40% in diversi ambiti, tra cui anche in campo chirurgico e in generale in tutto l’ambito sanitario. La medicina robotica, infatti, è sempre più presente all’interno delle strutture ospedaliere, anche per ciò che concerne la riabilitazione motoria con esoscheletri indossabili. Tuttavia, come sostiene il Prof. Ernesto Rulli, affermato chirurgo e ortopedico presso l’Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia del Policlinico di Abano Terme e anche presso il reparto di ortopedia e traumatologia dell’AUSL di Ravenna, l’intelligenza artificiale necessita comunque della mano dell’uomo, anche se rappresenta davvero un’opportunità enorme in ambito sanitario.
- Dottor Ernesto Rulli, lei ha un’esperienza ventennale come medico chirurgo e ortopedico. Ha svolto migliaia di interventi in chirurgia e ortopedia, ottenendo grandi risultati. Ritiene che l’intelligenza artificiale possa essere d’aiuto per la sua professione?
- Credo che l’intelligenza artificiale possa essere utile in ambito medico, qualora fosse affiancata sempre da una reale mano umana che abbia competenza e soprattutto esperienza in ambito. Tuttavia l’intelligenza artificiale è uno strumento validissimo per alcuni contesti: ad esempio è fondamentale nella gestione dei dati sanitari dei pazienti, poiché dà un contributo in termini di velocità, ma anche di privacy. L’intelligenza artificiale ha potere quando è coniugata ad un’intelligenza umana, ovvero quando l’uomo riesce a sfruttare la tecnologia per cause utili.
- Dottor Rulli, cosa intende esattamente con il termine “per cause utili”?
- L’intelligenza artificiale ha dimostrato negli anni di essere utile per alcuni procedimenti sanitari, tra tutti la corretta diagnosi che alcune tecnologie sono state in grado di dare, arrivando ad alcune osservazioni che possono invece sfuggire ai procedimenti diagnostici tradizionali. Un esempio è l’intelligenza artificiale Watson, che in Giappone viene utilizzato come “collaboratore” per diagnosticare i casi di cancro. In Italia invece Watson viene utilizzato dagli studenti della facoltà di medicina dell’Humanitas University, come strumento informativo. Credo che in questo senso, ovvero quando l’intelligenza artificiale funge da collaboratore per il medico, rappresenta un’evoluzione assolutamente positiva, ma ritengo tuttavia fondamentale che ci sia sempre un controllo da parte dell’uomo.
- Quindi Lei ritiene che l’intelligenza artificiale abbia sempre bisogno dell’intelligenza umana?
- Assolutamente si. L’intelligenza artificiale nasce proprio come una copia dell’intelligenza umana e come tale, non è possibile superare l’originale. Si potrebbe dire che dietro una grande macchina tecnologica, ci debba sempre essere un “grande uomo”, poiché è l’uomo che l’ha creata ed è l’uomo che la deve guidare. Ovviamente non mi riferisco all’ambito di elaborazione dati, poiché in quel caso ritengo anzi che il computer possa fare meglio di un uomo. Ma la medicina, o nel mio ambito professionale specifico la chirurgia e l’ortopedia, hanno la necessità ovvia di una presenza costante del medico e della sua conoscenza e della sua esperienza nel settore.
- Dottor Rulli, un’ultima domanda: Lei teme che la tecnologia possa prendere il posto delle prossime generazioni?
- Il progresso fa parte della vita. Ed è giusto che sia così. Ciò che mi spaventa è che un domani vi potranno essere più macchine e meno persone presenti all’interno delle strutture ospedaliere (e non solo). A tal proposito ho letto recentemente che è in corso un progetto esplorativo, “Medical Sieve”, che contribuirà a prendere delle decisioni in ambito di radiologia e cardiologia. Ciò significa che nella fase di analisi della radiografia meno complicate, non vi saranno più i radiologi ad occuparsene, ma direttamente le macchine artificiali. Se da un lato questo può significare collaborazione e velocità del processo, dall’altra rappresenta anche una standardizzazione di un settore professionale fondamentale. Inoltre, è bene riflettere sul presupposto che una macchina tecnologica non avrà mai né l’intelligenza, né l’emozione propria di un uomo, e quindi nel mio caso specifico di un medico chirurgo e ortopedico, che ogni giorno svolge la propria professione con determinazione e passione.